La Leggenda di Taliesin

La Leggenda di Taliesin

Leggenda di Taliesin

La presente è solo una delle moltissime versioni della Leggenda di Taliesin

C’era un volta una bellissima Dea di nome Ceridwen che abitava nelle antiche terre del Galles. Il suo castello era circondato da una foresta di alberi millenari, avvolto dalle nebbie di notte e baciato dal sole al mattino.
Ceridwen amava molto la poesia, il canto e la musica, ed intratteneva gli abitanti del suo regno fatato e tutte le creature del bosco narrando loro racconti di epoche lontane, quando la pace regnava nel mondo e nella natura tutto era armonia e bellezza.

Ceridwen aveva due figli: Creirwy, la bambina più bella del mondo, e Afagddu, il più brutto bambino del mondo.
La Dea era molto addolorata per le sorti di Afagddu, pianse per molte notti, non riuscendo a farsi una ragione della deformità del bambino.

Ceridwen AwenDopo mesi di pianto, decise di fare qualcosa per il suo bambino: se la natura era stata crudele con lui privandolo della bellezza che meritava, ella gli avrebbe fatto un dono che lo avrebbe ricompensato.
Così chiamò a sé Gwion, un ragazzino suo aiutante, e con lui cominciò a percorrere in lungo e in largo tutta la foresta, le verdi colline, le montagne e i pascoli di pianura alla ricerca delle erbe necessarie a preparare una pozione magica.
La Dea aveva trovato in un antico libro di magia, un incantesimo che avrebbe potuto donare al figlioletto l’Awen: la famosa Ispirazione poetica!

Camminò per giorni e notti attraverso tutto il Galles, dormì, nelle fredde notti d’inverno, nelle case degli ospitali elfi dei boschi e, nelle calde estati, sotto il limpido cielo stellato di quelle terre. Dopo sette settimane, Ceridwen e Gwion ritornarono nelle loro terre e la Dea cominciò a preparare la magica pozione in una capanna in riva ad un lago.

Preparò un grande calderone, lo riempì con l’acqua del lago, accese un grande fuoco e mise a bollire le erbe che aveva raccolto.
Gwion era incaricato di controllare che le erbe bollissero a lungo e che il fuoco non fosse troppo vivace e, specialmente, che non si spegnesse mai. La pozione necessitava infatti di essere bollita per un anno e un giorno, dopodichè chi avesse assaporato le prime tre gocce della pozione, avrebbe avuto il dono della Poesia dei grandi Bardi!

Ceridwen tornò quindi al castello per badare ai suoi figli e alle faccende del Regno, attendendo con trepidazione il passare del tempo. Gwion dal canto suo ravvivava diligentemente il fuoco, cercando ogni giorno nuova legna da ardere.
Passò così un anno intero, e il giorno seguente il ragazzo aggiunse come al solito nuova legna, ma nel farlo il calderone borbottò e sputacchiò tre gocce della pozione sulla mano di Gwion, scottandolo.
Istintivamente egli portò alla bocca le dita e….l’Awen lo avvolse all’improvviso. La L!ggenda di Taliesin ebbe inizio.

Sentì che il suo corpo non era più lo stesso, gli sembrava di poter volare e cominciò ad udire voci che provenivano dappertutto e a vedere nella sua mente il passato e il futuro. Si sentì pervadere da una forza incredibile e i suoi sensi si acuirono al massimo. Ma ciò che vedeva e sentiva lo turbava moltissimo: si mise infatti a correre per la foresta, quasi a voler sfuggire l’incantesimo: lo sentiva troppo potente, incontenibile per una piccola mente umana!

La Leggenda di TaliesinCeridwen, richiamata dalle grida che provenivano dal lago, vide Gwion correre all’impazzata e capì subito cos’era successo: il suo servitore si era impadronito dell’incantesimo che aveva preparato per il suo sfortunato figlio!
La Dea sapeva che un solo essere umano avrebbe potuto ottenere quel Dono, quindi per suo figlio non ci sarebbe stato più nulla da fare.

Fu così che, presa da una furia cieca, cominciò ad inseguire Gwion con l’intento di catturarlo ed ucciderlo: forse questo sarebbe stato sufficiente a dare una nuova possibilità a suo figlio.

Gwion, ancora frastornato per il drastico cambiamento subìto, si diede alla fuga per sfuggire all’ira della Dea. Quasi senza volerlo si trasformò in una veloce lepre, per meglio nascondersi tra l’alta erba dei pascoli e per essere più veloce nella corsa. Ma Ceridwen, esperta e scaltra maga, si trasformò in un levriero velocissimo, per meglio inseguire la sua preda.

Gwion allora si gettò nel fiume che scorreva lì vicino trasformandosi in un salmone, così Ceridwen si tramutò in una lontra, abilissima nuotatrice, fiondandosi anch’essa nel fiume per catturarlo.
L’aveva quasi raggiunto e con una zampata lanciò il salmone per aria, ma Gwion divenne un uccello e cominciò appena a volare via, quando la Dea, balzata fuori dal fiume, assunse le sembianze di un falco e continuò ad inseguirlo.

Infine, spossato per la lunga fuga e vedendo che non riusciva a sfuggire all’inseguimento, Gwion vide un cumulo di covoni di fieno presso una fattoria e pensò di trasformarsi in un piccolo chicco di grano, e così facendo cadde al suolo nascondendosi tra gli steli. Ma Ceridwen non si dava pace, e planando a terra divenne una gallina nera che, beccando qua e là nell’aia, alla fine trovò il chicco di grano e lo ingoiò. La Leggenda di Taliesin e il calderone dell’Awen.

Ancora triste ma soddisfatta della sua vendetta, la Dea assunse nuovamente le sembianze di donna e tornò al castello, convinta di aver eliminato il ladruncolo di pozioni magiche.
Ma l’incantesimo era tutt’altro che finito: il seme di grano, che in realtà era Gwion, diede inizio ad una nuova vita nel ventre della Dea. Dopo nove mesi infatti, Ceridwen diede alla luce un bimbo radioso, bellissimo.
Era talmente bello e luminoso che la Dea non ebbe il coraggio, sebbene sapesse che era Gwion, di togliergli nuovamente la vita, così lo chiamò Taliesin, che significa “fronte radiosa“, e lo tenne con sè a palazzo, allevandolo come figlio suo.

Egli crebbe velocemente, dando prematuri segni di saggezza e divenendo sempre più bello e suadente: la sua voce aveva il potere di incantare tutti gli esseri viventi. Divenne il più grande Bardo della storia, e alcune leggende narrano che insegnò tutte le sue Arti a quello che un giorno divenne…….Mago Merlino!

La Leggenda di Taliesin il primo Bardo che raggiunge l’illuminazione dell’Awen attraverso il processo alchemico del Calderone di Ceridwen.

Gerusalemme Celeste

Gerusalemme Celeste

Gerusalemme celeste

Il concetto della Gerusalemme Celeste è presente nell’Ebraismo sin dai tempi dei primi Patriarchi del popolo d’Israele.
La descrizione del sogno di Giacobbe ne è l’esempio più significativo. Dopo il sogno in cui Dio gli parlò e lo benedisse, Giacobbe chiamò “Porta del Cielo” quel luogo della Rivelazione: si trattava di Sion.
Sion è legata alla Gerusalemme Celeste e rappresenta l’aspetto corrispettivo della Gerusalemme in Terra.

E’ però nell’Apocalisse di Giovanni che troviamo la descrizione più dettagliata della Gerusalemme Celeste:

“L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 
Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 
[…]
Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.
Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedonio, il quarto di smeraldo, 
il quinto di sardonice, il sesto di corniola, il settimo di crisolito, l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisoprasio, l’undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista.
E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.”   (Apocalisse 21:11)

Come possiamo vedere, pietre preziose e cristalli fanno parte dei più antichi simboli di sfere elevate della Coscienza umana ed ultraterrena. La presenza di tutte queste pietre è ovviamente simbolica di virtù e qualità specifiche, che solo una lettura esoterica del testo biblico può chiarire.

Atlantide

Atlantide non è un mito

Atlantide

Si è sempre parlato di Atlantide come una città all’avanguardia, con una conoscenza altissima unita ad una tecnologia che definiremmo futuristica.
Eppure appartiene al mito, quindi al passato.
Eppure è “sprofondata”, vittima dei suoi stessi abusi di potere.
Una città divinizzata e maledetta allo stesso tempo.
 
Come spesso accade, miti e leggende raccontano fatti realmente avvenuti, oppure aneddoti atti a tramandare degli insegnamenti.
In questo specifico caso l’insegnamento è molto semplice: la rincorsa al potere e al controllo attraverso la tecnologia porta all’auto-distruzione.
E questa purtroppo è la strada che abbiamo intrapreso da ormai 50 anni.
 
Per millenni i popoli naturali sono sopravvissuti – e ancora sopravvivono – in armonia con la Terra, ognuno seguendo il proprio destino.
Si tratta di popolazioni indigene, ma non solo: dal centro America al sud America, dall’Africa all’Australia, dalla Siberia al lontano Oriente, ancora oggi troviamo esempi di popoli semplici, che vivono di ciò che la vita gli offre, giorno per giorno.
 
E’ così difficile immaginarci vivere in un modo diverso?
Noi occidentiali siamo certamente i più innovatori, gli inventori, le menti più brillanti…ma purtroppo soltanto nel campo della scienza.
La tecnologia e la medicina sta prendendo sempre più velocemente possesso della nostra mente, della nostra attenzione…del nostro TEMPO.
Perchè “il tempo è denaro”, così ci hanno insegnato.
Ma ci siamo mai fermati a pensare se è realmente così?
Certo che sì, se si fa parte di un sofisticato meccanismo che crea in continuazione necessità e dipendenze.
Ma sono reali?
Non possiamo davvero fare a meno dell’ultimo modello di cellulare? Ovviamente no, se quello vecchio viene disabilitato dopo qualche anno.
Non possiamo davvero fare a meno di una bella macchina nuova super accessoriata? Ovviamente no, se il concetto di viaggio diventa il comfort totale invece del trasporto in sè.
Non possiamo davvero guarire in qualche modo naturale che pretenda qualche giorno in più invece della pillola che ci rende operativi il giorno dopo? Certamente no, in un mondo frenetico dove tutto è “urgente” e dove ci siamo imposti mille “impegni”.
 
Noi creiamo il nostro stesso male per poi impegnarci convulsamente a trovare un rimedio. Ci teniamo occupati così: è il nostro passatempo.
 
Tornando ad Atlantide, un altro aspetto caratteristico di tutti i miti del mondo è la ciclicità.
Nei miti celtici e norreni specialmente ci viene tramandato che l’esistenza è ciclica e che gli avvenimenti si ripetono attraverso distruzione e ricostruzione.
Atlantide pertanto è uno di quei miti che ritorna ciclicamente assieme alle “civiltà avanzate“: un giorno qualcuno la rifonderà, e la caduta si perpetrerà assieme al mito stesso…fino a diventare di nuovo “soltanto un mito”.
 
Fortunatamente resterà sempre qualcuno a raccontare storie antiche…storie che saranno di monito per le genti che verranno.
Perchè alla fine resta sempre la speranza che un giorno qualcuno le ascolti con un orecchio più attento, sviluppando una tecnologia ed un modo di vivere integrati alla Natura, e non a suo discapito. Il ritorno all’Età dell’Oro insomma, al Paradiso Terrestre perduto: l’Eden.
Cosa possiamo fare nel frattempo?
Semplice, quello che si è sempre fatto per migliorare sè stessi, e così facendo migliorare l’ambiente che ci circonda: la meditazione e l’uso della saggezza millenaria di pietre e cristalli, come tutte le antiche Tradizioni insegnano, secialmente quella druidica.

Antichi sciamani

Sciamani in Lombardia

Sciamani in Italia
Circa 10.000 anni fa i nostri avi scolpirono in quel della Val Camonica immagini immortali, prove della nostra preistorica esistenza ed intelligenza.
Lo scopo di un’immagine, di un simbolo, di un segno…è insita nello stesso atto: Lasciare un segno.
Un segno del proprio passaggio sulla Terra…una Memoria. Anche questa è Evoluzione.
 
Nella foto qui sotto – chiamata “L’astronauta” – possiamo riconoscere chiaramente due cose:
– L’UOMO
– QUALCOSA SOPRA DI LUI
 
Poi se volessimo guardare meglio vedremmo che l’uomo regge quello che potrebbe easere un tamburo nella sinistra ed il batacchio nella destra.
Ecco come il suono è sempre stato evocatore del Grande Spirito, e quale ritmo è più vicino alla Vita (o a Dio) se non quello del tamburo?
 
Ma perchè proprio il tamburo?
Vi siete mai chiesti che suono fa il vostro cuore?
Nell’induismo al Chakra del Cuore è associato il nome Anahata, che significa “non colpito“, poichè esso suona il suono della Vita, e senza che nessuno lo percuota.
A me piace vederci un tributo al primo Sciamano, colui che “inventò” il Tamburo, e che diventò poi “sciamanico”.
 
Ma cos’è quella figura sopra la testa dello sciamano?
Un UFO? Una farfalla? Una stella? Una Rosa?
 
E’ la Rosa Camuna, o almeno così gli storici l’hanno chiamata.
Essa è in realtà uno dei quattro simboli più antichi della storia:
 
IL 4 – LA CROCE – LA RUOTA – IL MONDO – LA CREAZIONE MANIFESTA
 
Potremmo stare ore a commentare il denso simbolismo della Rosa Camuna, che in questa “semplice” raffigurazione in realtà dice anche molto altro (osservate tutti gli elementi che la compongono).
Ma mi pare più bello e poetico lasciare che la mente vaghi sui mille possibili significati di quest’immagine, senza ridurla a mera scienza intellettuale e filosofica…perchè sono certo che questo avrebbe voluto il suo artista.
Sciamani in italia e sciamanesimo italiano, cultura celtica e druidica protoeuropea.