Maneki Neko

MANEKI NEKO

Maneki Neko ceramica

Non bisogna stare in Giappone a lungo per imbattersi in un Maneki Neko. Da un personaggio di un cartone animato di una televisione privata a una grande statua in plastica con zampe meccaniche mobili accucciato davanti a un negozio, l’immagine del “gatto che saluta” ha permeato ogni aspetto della vita giapponese.
Quel che sembra essere nulla più di una trovata commerciale, risulta invece affondare le proprie radici in una lunga tradizione di superstizioni e leggende popolari.

La credenza nei poteri sovrannaturali del gatto non è però solo giapponese. Lungo tutta la storia il gatto è stato venerato, riverito o temuto nella maggior parte delle culture del mondo. In origine i gatti furono considerati per la loro abilità nel controllare la popolazione dei roditori, i quali distruggevano le scorte dei cereali e disseminavano malattie.

Questo “culto” ebbe inizio nell’antico Egitto, considerato allora il granaio del mondo, e permase fino ai nostri giorni. La natura del gatto come predatore dal sangue freddo fu pure riconosciuta e rispettata in Europa nel Medioevo durante i giorni della peste portata dai ratti. Ironicamente fu proprio la sua natura, combinata alle abitudini notturne, che portò ad associare la sua immagine con il diavolo e la stregoneria, idea che permea tutta la tradizione occidentale. Ma il gatto continua a essere adorato come una divinità e gioca ruoli importanti nelle cerimonie religiose e occulte in tutta l’Asia.

Le origini del Maneki Neko

I gatti giunsero in Giappone circa 1000 anni fa attraverso la Cina, portati dagli allevatori dei bachi da seta, i quali credevano che i gatti proteggessero il baco. Tuttavia, sino alla nascita della leggenda del Maneki Neko, i gatti avevano la reputazione di essere malvagi o simili al diavolo.
Secondo la tradizione infatti, in Giappone gli animali portafortuna erano sia i nativi tanuki (procioni) che la inaki (la dea volpe dei raccolti). Questi due animali erano riconosciuti come portatori di buona fortuna per gli affari e spesso i negozi esponevano le loro statue e immagini, allo stesso modo in cui oggi si espone il Maneki Neko.

Gatto cinese nero

Siccome un vecchio proverbio cinese recita “se un gatto si lava la faccia, è un segno di buona fortuna”, si pensava che originariamente il Maneki Neko non fosse altro che un gatto che si lavava la faccia. Col passare dei secoli però, la reputazione del gatto in Giappone si trasformò da quella di cacciatore vagabondo a quella di portatore di fortuna, felicità e salute.

L’origine esatta della tradizione attuale è piuttosto controversa, iniziò forse nel XVI secolo e si sviluppò in Osaka o in Edo. Le leggende intorno al Maneki Neko sono innumerevoli, ma il tema dominante rimane lo stesso: un gatto randagio trattato bene, che porta fortuna e buona sorte alla persona che gli fu amica. La validità di simili storie sui poteri sovrannaturali del gatto può essere messa in dubbio, ma rimane il fatto che la gente lo compera.

Ne vengono modellate ogni hanno in quantità impressionanti, con tutti i materiali immaginabili. Solo la forma è la stessa: un gatto seduto con un bavaglino e una campanella al collo e una zampa sollevata in segno di saluto.

Chi è incuriosito dal Maneki Neko deve visitare l’area del Tempio di Ise, durante la festività chiamata Kuru Fuku Maneki Neko Matsuri, che tradotto significa “la festa del gatto gesticolante che porta fortuna”, che si svolge sempre il 29 settembre e dura fino al 10 ottobre.

Il Maneki Neko è dunque realtà o finzione? Qualunque sia la risposta, la credenza nei suoi poteri rimane forte e così attuale che oggi le immagini dei gatti portafortuna appaiono perfino regolarmente negli annunci economici dei maggiori quotidiani giapponesi. Ben poche delle piccole imprese commerciali in Giappone si sentirebbero complete senza la loro immagine del gatto fortunato.
Così ciò che iniziò come una bizzarra storia di gatti è diventato parte integrante della cultura giapponese.

La Leggenda del Maneki Neko

Il monaco fiducioso

Maneki Neko ceramica giapponese

Il tempio di Gotoku si trovava in un quartiere povero di Edo, ora chiamata Tokyo, circondato da giardini che da tempo avevano abbandonato le loro origini zen per essere sopraffatti dalla natura lussureggiante. Il tetto era afflosciato e i muri attaccati dal freddo e dall’umidità che si annidava in ogni loro fessura.

Il salone principale dell’edificio era ormai privo dei segni di splendore dei tempi più prosperi, ma di fronte al suo semplice altare di legno non mancavano mai offerte fresche ed incenso mescolato all’odore di muffa del tatami. Tre volte al giorno si poteva trovare la figura riverente di un vecchio monaco rivolto verso l’altare, inginocchiato e recitante preghiere. Il vecchio monaco non aveva ancora abbandonato la speranza che un giorno le sue preghiere sarebbero state ascoltate e che la fortuna, di cui aveva disperato bisogno per restaurare il tempio, gli avrebbe finalmente sorriso.

Una sera, mentre il monaco cucinava del riso per la sua cena, egli notò un gatto rognoso e minuto seduto all’ingresso. Come era sua natura, ebbe pietà dell’animale e gli offrì la metà della sua cena. Essi consumarono assieme le loro ciotole di riso e quando ebbero finito il gatto miagolò con gentilezza e si strofinò contro il monaco in segno di gratitudine. Da quel giorno in avanti, il gatto ritornò ogni sera alla stessa ora ed il monaco divideva ogni volta la sua cena con lui.

Il ricco feudatario

Una notte il monaco, sentendosi molto abbattuto per lo stato decadente del tempio, si lamentò col gatto: «se solo tu fossi un uomo e non un gatto, allora forse mi potresti aiutare». Il gatto lo guardò, strofinò la testa contro la sua gamba e rispose con un sapiente “miaooo“.
Subito dopo, si scatenò un violento temporale e un bel numero di samurai passò vicino ai giardini del tempio. Il loro capo, Ii Naotaka, era il ricco feudatario del castello di Hikone e stava ritornando a Edo, vittorioso, dopo l’assedio di Osaka. I suoi samurai stavano cercando un rifugio dal temporale ma non riuscivano a trovarne uno valido. Ii, attraverso la pioggia scrosciante, intravvide un gatto dall’aspetto curioso sul ciglio della strada.

Il gatto, seduto sul suo posteriore, stava sventolando in aria una zampa anteriore come se stesse salutando. «Che strana cosa per un gatto starsene fuori così con questa pioggia» pensò Ii e si avvicinò per osservarlo più da vicino. Mentre si avvicinava però, il gatto si allontanò di alcuni passi, si sedette e ricominciò a salutare. Incuriosito, Ii seguì il gatto che scomparve in uno stretto sentiero attraverso il groviglio di giardini. Non c’era illuminazione e presto Ii lo perse di vista. Proprio quando stava per abbandonare la ricerca e ritornare sulla strada prncipale, i giardini si aprirono ed egli si trovò di fronte al fatiscente tempio di Gotoku. Là, in cima ai gradini, vi era il gatto che si stava strofinando attorno alle gambe del monaco.

La rinascita del tempio

Il monaco offrì il riparo del tempio ad Ii ed ai suoi uomini e così essi poterono sfuggire alla furia del temporale ed asciugarsi al piccolo fuoco del monaco. Durante quella sua breve permanenza, Ii fu colpito dalla gentilezza e dalla saggezza del monaco e decise di fare di quel tempio il suo tempio di famiglia in Edo. Così da quella notte in poi, il tempio di Gotoku prosperò sotto il patrocinio di Ii Naotaka.
Il monaco non dimenticò mai quella notte di tempesta quando, in risposta alle sue preghiere, il gatto guidò Ii e di conseguenza portò buona fortuna al tempio.
Quando, alcuni anni dopo, il gatto morì, egli eresse una statua con la forma di un gatto che saluta, nei giardini del tempio, per propiziare sempre buona fortuna. Così nacque la leggenda del Maneki Neko, il “gatto che saluta”.

Gatto che saluta oroSimbologia del Maneki Neko

Il Maneki Neko è rappresentato in una vasta gamma di colori, ognuno dei quali ha un suo significato. Quello più comune è il bianco, che significa già di per sè buona fortuna. Il nero assicura protezione contro le malattie, il giallo oro porta denaro e fa avverare i desideri. Il giallo propizia l’amore, il verde il successo negli affari e nello studio e l’azzurro la salute e la sicurezza personale.

Ma la caratteristica che rende il gattino famoso è la zampa alzata. Alcuni dicono che se la zampa sollevata è la sinistra porta denaro e fortuna, se è la destra porta salute e fortuna. Addirittura una credenza popolare vuole che più la zampa è sollevata e maggiore sarà la buona sorte.

Una credenza popolare di comprare un Maneki Neko al mese, alternando la zampa sinistra per i mesi dispari e quella destra per i pari. Dopo 48 mesi ci si assicura la buona fortuna per tutta la vita, sia dal punto di vista professionale che personale.

Oltre alla zampa sollevata, i Maneki Neko di solito portano sempre qualche accessorio come ad esempio un collarino, un bavaglino oppure un campanello. Inoltre il gatto nell’altra zampa che non solleva tiene sempre una moneta d’oro chiamata Koban (moneta usata nel periodo Edo).
Un Koban anticamente valeva quanto un Ryo (altra moneta antica giapponese) che può essere paragonato oggi a 1000 dollari. Ovviamente il perchè tiene una moneta deriva dal fatto che il gatto deve attrarre fortuna e ricchezza. Addirittura ci sono oggi anche i Maneki Neko usati come salvadanai, usanza che risale alla fine dell’Ottocento.

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Tempio Gotoku

Gotokuji Temple (Tokyo, Giappone)

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